Caserme moderne, a basso impatto ambientale ed elevata efficienza energetica con aree servizi e sportive aperte alle popolazioni locali, è l’obiettivo che intende raggiungere l’Esercito Italiano.

Partendo da queste premesse, il progetto ‘Caserme Verdi’ della Forza Armata prevede la realizzazione di basi militari di nuova generazione efficienti, funzionali, pienamente rispondenti alle normative vigenti e ispirate a nuovi standard e secondo criteri costruttivi innovativi di modularità, rapidità costruttiva, basso impatto ambientale e ridotti costi di manutenzione.

Il cronoprogramma – per portare a termine il piano di costruzione e di dismissione – prevede il completamento del progetto nell’arco di 20 anni con un investimento complessivo stimato in 1,5 miliardi di euro. Per l’individuazione delle caserme, 28 in tutto, l’Esercito è partito dalle sue infrastrutture considerate strategiche e contenute nel PGRIE, il Piano Globale di Razionalizzazione delle Infrastrutture dell’Esercito.

L’iniziativa punta ad essere estesa ad altri impianti strategici dell’Esercito, anche all’estero nelle operazioni internazionali, in quanto non è riservata esclusivamente a nuove realizzazioni, ma vi rientrano pure le strutture già esistenti opportunamente rinnovate e potenziate.

Un raffronto su 20 anni che comprende spese di manutenzione delle strutture attuali e quelle necessarie per le caserme “verdi” mostra un risparmio dei costi di funzionamento di 450 milioni.

Con le Caserme Verdi l’Esercito punta al benessere del personale, a partire dal miglioramento della qualità degli ambienti di lavoro, oltre che alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento di energia, con integrazione delle rinnovabili, per massimizzare la resilienza energetica e mitigare gli effetti dovuti ad eventuali attacchi o calamità, assicurando il mantenimento della capacità operativa del comprensorio.

Un programma che vuole far coesistere poli alloggiativi, aree addestrative, impianti sportivi, scuole e asili, nonché spazi per il tempo libero aperti anche alle comunità locali, in un’ottica di ‘dual use’ delle strutture.