Dalle antenne per il 6G alle applicazioni nell’industria aerospaziale, i metamateriali promettono già molto. Basta pensare ai prodotti ad alta prestazione nei settori dell’informatica, dell’ottica, e della sensoristica – ma anche delle telecomunicazioni oppure energetico, dalle soluzioni di accumulo a quelle di conversione. Parliamo di materiali creati dall’uomo e che presentano straordinarie proprietà elettromagnetiche non disponibili in natura, tali da permettere di andare appunto oltre la fisica della luce e del suono. 

L’Università di Pittsburgh ha presentato il primo calcestruzzo metamateriale, leggero e regolabile meccanicamente, che integra anche la raccolta di energia. Non abbastanza per cederla alla rete ma più che sufficiente per alimentare i sensori lungo la strada. Segnali elettrici dunque, “autogenerati” da questo particolare calcestruzzo e in grado sia di rilevare la presenza di danni strutturali, sia di monitorare i terremoti – riducendone l’impatto sugli edifici. La struttura induce l’elettrificazione del contatto tra gli strati, mentre il materiale conduttivo (cemento rafforzato con polvere di grafite) funge da elettrodo.

Un nuovo orizzonte per la progettazione di infrastrutture smart, con un ampio ventaglio di funzionalità avanzate. E che permette di perfezionare alcuni attributi dei materiali come la flessibilità, consentendo ai costruttori di utilizzarli in meno quantità ma non a scapito della solidità o della longevità del prodotto finale.

Poco dopo la scoperta americana, un team di ricercatori di Amsterdam annunciava un metodo per creare materiali abbastanza rigidi da non collassare sotto pressione ma anche leggeri, in grado di assorbire le vibrazioni – notizia che aveva aperto la strada a un’ampia gamma di applicazioni, dalla progettazione nanometrica all’ingegneria aerospaziale. Parliamo di metamateriali pieghevoli, come dei sottili fogli di metallo deformati, assemblati in modo da conservare tutte le proprietà desiderate.

Più curiosa la ricerca delle Università di Lund e Nottingham, ispirata a particolari termitai della Namibia, per la costruzione in stampa 3D di edifici passivi in grado di “respirare” anche senza aria condizionata e di consumare meno energia.

E non potremmo non citare il Politecnico di Torino, che già nel 2021 lanciava – con meritato orgoglio e successo – i pannelli in plastiche di scarto, stampati in 3D e basati su metamateriali labirintici, capaci di assorbire le onde sonore di media e bassa frequenza: il loro uso per una fusoliera consentirebbe sia di proteggere i passeggeri dal rumore esterno, sia di ridurre l’inquinamento acustico complessivo del velivolo.

Come dire: oltre i limiti della Natura ma ispirandosi a essa. Alle sue geometrie, architetture, ingegnerie e persino ai suoi silenzi, replicabili nei cantieri e negli spazi abitati come nei voli. Sostenibilità e sicurezza dunque – comprese le onde sismiche e le altre vibrazioni del terreno, come quelle del traffico ferroviario o delle pale e turbine eoliche.

Una rivoluzione benefica, quella dei metamateriali. Iniziata negli anni ‘60 e ora in accelerazione, a stimolarci di ripensare modi, metodi e scopi.